Abbazia di Montecassino (Fr): l’umile faro della cultura occidentale
” Voi siete la luce del mondo, non può restare nascosta una città collocata sopra un Monte” (Mt: 5,14)”
Visitando Montecassino e la sua Abbazia è probabilmente questa la frase del Vangelo di Matteo che risuona facilmente nel nostro cuore e nella mente, visitando uno dei luoghi simbolo della nostra fede e della nostra cultura medievale.
Tutto si deve a San Benedetto, quando, nel 529, provato dal suo lungo viaggio da Subiaco, giunse davanti al Borgo di Casinum, antica città dei Volsci e glorioso municipio romano, ormai in grave decadenza politica, demografica ed economica, tanto da essere tornato in gran parte al paganesimo. Una città ormai trascurata ma dominata da un’alta montagna sulla quale gli antichi cassinati, non sapendo, in quel turbolento periodo di invasioni barbariche “a che santo votarsi”, avevano ripristinato l’antico culto di Giove ed Apollo.
Anche Benedetto, non proveniva da una situazione serena. Con un piccolo gruppo di seguaci era stato costretto ad abbandonare i monasteri da lui stesso fondati a Subiaco (Rm) a causa di due tentativi di avvelenamento, miracolosamente falliti. Ma avendo probabilmente ricevuto in dono la proprietà del Monte di Cassino dal padre del suo discepolo Placido, affrontò i resti pagani distruggendo gli idoli e convertendo il Tempio di Giove in una chiesa dedicata a San Martino di Tours, il fondatore del monachesimo in Francia, e l’altare di Apollo in un oratorio dedicato a San Giovanni Battista. Due manufatti di dimensioni modeste, pensati per un massimo di circa 30 monaci, ma cuore della futura Abbazia che sarebbe diventata poi uno dei più grandi ed autorevoli monasteri nel mondo.
L’affascinante storia dell’Abbazia di Montecassino
La prima abbazia di Montecassino fu costruita proprio dai monaci stessi. La vita del primitivo monastero fu caratterizzata da duro lavoro, incluso quello manuale. Per San Benedetto il lavoro fisico era una parte importante della vita, che ispirava l’umiltà e differenziava i monaci dalle tradizioni pagane che consideravano il lavoro manuale adatto solo per gli schiavi
Montecassino, come suggerito dal brano evangelico di San Matteo divenne non solo una luce per la spiritualità ma anche per l’arte e per la cultura. La rilegatura, gli scriptoria, la produzione e la preservazione dell’ arte così come della letteratura classica furono alcuni dei principali lavori di cui si occupavano i monaci dell’abbazia durante la loro vita quotidiana. E’ proprio grazie all’oscuro lavoro di questi copisti se la gran parte delle opere della cultura classica sopravvissero alle incursioni ed alle distruzioni prima dei barbari poi dei saraceni. Un impegno basato principalmente sulla fede e sull’obbedienza alla regola benedettina dell’Ora et Labora, visto che molti di questi monaci copisti non conoscevano la gran parte dei testi e degli autori che diligentemente ogni giorno copiavano a mano e decoravano con splendide miniature. Tanto per dare una misura di questo impegno occorre valutare che normalmente durante una giornata di lavoro un monaco amanuense riusciva a copiare un massimo di 10/12 pagine, di un testo che, magari, ne aveva centinaia. Dai registri dell’Abbazia sappiamo, ad esempio, che per ricopiare una Bibbia, occorreva almeno una anno, per un lezionario dei salmi dai quattro ai sei mesi, in base alle miniature necessarie.
Essere un centro europeo di cultura e fede non preservò l’Abbazia dall’essere più volte distrutta e ricostruita, in maniera sempre più bella e preziosa.
L’ultima e più cruenta e quasi totale distruzione avvenne durante la battaglia di Montecassino, una delle operazioni militari più importanti della Seconda Guerra Mondiale, iniziata nel gennaio e terminata nel maggio del 1944.
Nonostante le rassicurazioni del Vaticano da cui il luogo dipendeva, gli Alleati sospettavano che le unità di artiglieria tedesche stessero utilizzando l’Abbazia come validissimo punto di osservazione, perché si trovava in una posizione strategica utile per poter avanzare sulle difese tedesche ed entrare in una Roma pesantemente occupata. L’Abbazia fu quindi bombardata e distrutta nel febbraio del 1944, ma le macerie divennero trincee e difese per mesi per l’esercito tedesco, tanto che si dovette conquistare la montagna palmo a palmo con perdite ingenti da ambedue le parti (55.000 uomini per gli alleati e 20.000 circa per i tedeschi). Perdite oggi testimoniate dal silenzio dei vari cimiteri di guerra che fanno purtroppo corona alla ricostruita Abbazia.
Dopo la fine della guerra, l’abate Ildefonso Rea fu a capo del progetto volto a ricostruire l’Abbazia di Montecassino esattamente dove era prima, in tutta la sua gloria precedente e di riportare in sede tutti gli oggetti preziosi e i documenti che erano stati custoditi in Vaticano durante la guerra. Grazie a questo spirito ed alla generosità internazionale la risorta Abbazia fu riconsacrata nel 1964 da Papa Paolo VI.
Visitando l’Abbazia di Montecassino
I Viaggiatori che, come noi, vogliono visitare oggi l’Abbazia iniziano il loro percorso partendo dal primo chiostro, percorrendo poi il corridoio degli Ospiti, che delimita un giardino in cui spicca la grande statua bronzea rappresentante la morte di San Benedetto e donata all’abbazia dal Cancelliere Tedesco Adenauer. Secondo la prima biografia di San Benedetto, scritta da Papa Gregorio Magno, San Benedetto volle morire “in piedi sorretto da alcuni monaci dopo aver ricevuto l’Eucarestia”.
Usciti dal Chiostro di ingresso si entra nel Chiostro del Bramante chiamato così proprio perché la struttura originale fu ideata e disegnata dal Bramante nel 1595. Il chiostro è ampio ed ornato due statue che raffigurano rispettivamente San Benedetto e sua sorella Santa Scolastica.
Il lato esterno del Chiostro è delimitato da un loggiato che si affaccia sulla Valle del fiume Liri e denominato Loggia del Paradiso. Da qui volgendo, lo sguardo verso destra si vede il Cimitero di Guerra Polacco e si gode uno splendido panorama verso Occidente con la sottostante vallata del Liri, che ospita i paesi di Pignataro Interamna, S. Giorgio a Liri, Esperia, Pontecorvo, Aquino, Piedimonte S. Germano e all’orizzonte i Monti Ausoni: verso il centro della pianura il grande stabilimento della Fiat.
Per arrivare alla Cattedrale, che è il vero cuore dell’Abbazia, si passa attraverso un terzo chiostro, dedicato ai grandi Benefattori dell’Abbazia, 24 Papi, Santi o Re che nel corso dei secoli hanno donato maggior splendore a Montecassino.
Finalmente, attraversato anche questo terzo chiostro si entra in Basilica, attraverso tre porte bronzee. Quella centrale risale in parte al tempo dell’abate Desiderio (sec. XI) ed è costituita da una serie di formelle con lettere in argento, che .elencano i possedimenti e le chiese dipendenti da Montecassino specialmente nei secoli XI e XII. Le porte laterali sono invece dono del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi e sono state realizzate dello scultore Pietro Canonica nel 1954. Similmente all’antico portale centrale sono realizzate in pannelli raffiguranti nella parte alta episodi della vita di San Benedetto e nella parte bassa le quattro distruzioni e ricostruzioni dell’Abbazia.
L’interno, ricostruito sulla base di un progetto settecentesco, è composto da otto cappelle riccamente decorate poste su entrambi i lati della navata centrale che conduce fino all’Altare Maggiore.
Sotto l’Altare Maggiore c’è la Cripta che conserva da secoli i corpi di San Benedetto e della sorella Santa Scolastica. Dietro l’ Altare Maggiore c’è il coro in legno e un grande organo a canne. La sacrestia, che si trova a sinistra dell’Altare Maggiore, è decorata con pannelli di legno ricostruiti.
Il Museo dell’Abbazia
Usciti dalla Basilica si può visitare il Museo dell’Abbazia. Il percorso delle opere esposte non è monotematico poiché il Museo raccoglie in un’unica struttura diverse sezioni (archeologica, medievale, manoscritti e dipinti) che coprono un periodo di tempo che va orientativamente dal 6°sec. a.C. fino ai giorni nostri
Durante la visita al museo si possono ammirare alcune delle campane originali del monastero. Secondo la tradizione monastica benedettina le campane del Monastero sono 9, come il numero dei cori angelici riportato nella Bibbia, tutte di grandezza diversa ed ognuna dedicata ad un santo ad iniziare da San Benedetto a cui è dedicata la campana più grande.
Vista la posizione dell’Abbazia le campane del monastero possono essere sentite a svariati km di distanza ma curiosamente i monaci questo suono di campane, nel chiuso delle celle non lo sentono. Un campanello interno scandisce le ore di preghiera e riunione e nel triduo della Settimana Santa le campane restano mute, ma i monaci sono avvertiti dal suono della bàtola, uno strumento rudimentale molto antico, fatto di una tavoletta a cui sono attaccate delle maniglie di ferro che producono un suono sordo e gracchiante al loro scuotimento contro la tavoletta stessa e che abbiamo già conosciuto durante la nostra visita al Museo del Silenzio di Fara Sabina.
Vale la pena ricordare che le campane di Montecassino sono talmente recepite nell’immaginario collettivo come strumenti musicali che vengono citate anche in un vecchio detto degli ortolani locali, che per ricordare ai propri garzoni che le cipolle non vanno interrate profonde, usano dire che “anche le cipolle vogliono sentire le campane di Montecassino“.
Chiudiamo la nostra visita con un’ultima curiosità… Contrariamente a quanto si crede e con buona pace dei nostri amici belgi, tedeschi e francesi, fu proprio nel Monastero di Montecassino nel 629 d.c., che fu prodotta la prima “Birra di Abbazia“… e noi, Girogustatori oltre che curiosi viaggiatori, non possiamo che usarla per brindare ai tantissimi monaci di questo monastero che grazie al loro oscuro lavoro hanno trasmesso a noi, attraverso i secoli, conoscenze che sono alla base della nostra cultura italiana ed europea…
Commenti
Che spettacolo! Devo decidermi di andare a visitare l’Abbazia di Montecassino: è meravigliosa. Inoltre ho un debole per la miniatura e in un esame di arte medievale, ci siamo soffermati proprio sulla produzione libraria che avveniva qua.
Ma è durante i miei corsi di storia contemporanea che ne ho sentito molto parlare: le opere d’arte di Napoli sono state messe tutte qua ma per fortuna spostate prima del suo bombardamento. Ed è un vero peccato che nel 1944 sia stata ridotta ad un accumulo di macerie.
del Post
Hai ragione Katia e pensa che molte volte il monaco amanuense che ricopiava il volume non era assolutamente in grado di capirne il significato, specialmente per i testi di derivazione latina e greca. Lo faceva solo per amore ed obbedienza alla Regola…