Carissimi Giroviaggiatori, la meta che ci riporta oggi in Sabina è molto particolare e ci riempie di curiosità: andiamo a scoprire e visitare il Museo del Silenzio di Fara Sabina. Si, avete letto bene, il primo e credo unico, Museo dedicato non ad una forma artistica o ad un periodo storico ma al Silenzio, cosa difficilissima da trovare e realizzare oggi che siamo tutti iper connessi e sempre di corsa.
La pedagogia del Silenzio
Eppure abbiamo tutti bisogno di silenzio, di spazio per pensare, per riflettere, per sognare, per progettare, per capire, per scegliere, per trovare il nostro percorso.
“In un atteggiamento di silenzio l’anima trova il percorso
in una luce più chiara e ciò che è sfuggente e ingannevole
si risolve in un cristallo di chiarezza. (Gandhi)
La medesima mistica intuizione la ebbe, molti secoli prima di Gandhi, la Venerabile Madre Francesca Farnese delle cinque piaghe di Gesù, che nella seconda metà del seicento ebbe l’ispirazione di fondare cinque monasteri di clausura che, seguendo l’esempio di S. Chiara, vivessero in penitenza, isolamento e preghiera in riparazione delle cinque piaghe della crocifissione.
Contrariamente alla spiritualità cristiana moderna, maggiormente incentrara sulla gioia della Resurrezione e sull’amore misericordioso di Dio nei nostri confronti, la teologia cristiana nell’epoca della Controriforma, aveva come pilastro pastorale il “sacrificio, la passione e la morte di Gesù per noi” e l’imitazione, per quanto possibile, di questo sacrificio e la connessa “riparazione” tramite digiuni ed opere umane a questa sofferenza divina erano considerati una delle forme più alte di spiritualità.
In vita, Madre Francesca, poté realizzare la costruzione solo dei primi quattro monasteri, Farnese, Albano, Palestrina e quello di Roma, purtroppo successivamente andato distrutto, lasciando incompiuto il suo desiderio di ultimare la sua ispirazione, fondandone un altro a Fara Sabina che fosse il centro di vita spirituale più perfetto, dedicato al Sacro Costato di Gesù.
La piaga del Costato rappresenta, per la mistica cristiana, la ferita più vicina al cuore di Gesù, dalla quale, seconda la tradizione cristiana, sono usciti il sangue, simbolo del sacrificio, e l’acqua, simbolo del battesimo. Su questa base teologica quindi, il nuovo Monastero doveva essere il più staccato dal mondo e dalle sue distrazioni ed immerso nella meditazione e contemplazione dell’amore infinito di Dio.
Purtroppo la morte mise fine al progetto di Madre Francesca ma il Monastero di Fara Sabina fu successivamente realizzato dal Cardinale Francesco Barberini, all’epoca Abbate Commendatario dell’Abbazia di Farfa, che come blog abbiamo già visitato.
Secondo i desideri di Madre Francesca, le Costituzioni che regolavano la vita delle monache farensi erano finalizzate ad un totale distacco dal mondo, al massimo rigore nella penitenza, ad un grande spirito di orazione e di unione con Dio e amore alla solitudine e al silenzio.
Lo stesso Monastero di Fara venne denominato “Monastero della Solitudine di Santa Maria della Provvidenza soccorrente di solitarie scalze di S. Chiara“, proprio per sottolineare il ruolo principale dato al silenzio ed alla solitudine come mistica via verso Dio.
Il Monastero della Solitudine di Fara in Sabina
II Monastero era quindi isolato dal mondo e perchè fossero eliminati anche indiretti contatti e richiami del mondo e dei suoi splendori, alle monache era proibito, avere notizie dai propri cari, fare i dolci per qualsiasi persona, fare ricami in oro, in argento, o in seta, ad eccezione solo per le tovaglie dell’altare.
Per meglio mantenere il raccoglimento interiore, le monache lavoravano in cella, ove, tolto il tempo delle preghiere corali e dei pasti passavano tutta la giornata. Era loro permesso il lavoro manuale nell’orto, per più di un’ora al giorno, però ciascuna doveva avere il suo pezzo di terra che lavorava da sola ed in silenzio seguendo gli ordini di un’ortolana.
In questo monastero la comunità era divisa, ad imitazione di Marta e Maria, le due sorelle amiche di Gesù e descritte nel Vangelo di Luca (cap 10, 38-42), in due famiglie religiose, quella delle Marte e quella delle Marie facenti capo ad un’unica Superiora scelta tra le Marie. Le prime erano addette alle occupazioni di indole pratica e a tutte le incombenze giornaliere: pensare alle provviste, preparare il cibo e curare i necessari contatti con il mondo esterno. Le altre abitavano la parte più remota del monastero in piccole stanze che davano sul cortile interno, e non avevano alcuna relazione col mondo non dovendo preoccuparsi dei problemi di ordine materiale, a cui pensavano le Marte.
Il Monastero delle Clarisse Eremite che oggi ci accoglie e di cui fa parte il Museo del Silenzio ha ancora profonde e visibili tracce di questa impostazione organizzativa e di vita. Accolti da Suor Barbara, facciamo una rapida visita della parte “antica”, visitando, ad esempio, il refettorio e l’antica cucina seicentesca, che conserva ancora alcuni oggetti d’epoca e i diversi tipi di forni e di fuochi per le varie cotture, le pietre scolpite dei piani, dei lavelli, in maniera da creare drenaggi o contenimento.
Dal 1963 la Clausura del Convento delle Clarisse Eremite di Fara, non è più fortunatamente così rigida come l’aveva tratteggiata la fondatrice, ma secondo la Regola di Santa Chiara è una clausura aperta al lavoro ed alla accoglienza spirituale e materiale: “le sorelle alle quali il Signore ha dato la grazia di lavorare, lavorino, applicandosi a lavori decorosi e di comune utilità, con fedeltà e devozione, in modo tale che, bandito l’ozio, nemico dell’anima, non estinguano lo spirito della santa orazione e devozione, al quale tutte le altre cose temporali devono servire” (Reg. S. Ch. 7, 1-2).
Fra le tante iniziative ve ne segnaliamo due: una sosta nel piccolo negozio interno alla parte visitabile del Monastero in cui troverete sia prodotti artigianali che gastronomici preparati direttamente dalle monache e la partecipazione alla “Cena Monastica con esperienza di silenzio” che viene periodicamente organizzata dalla Comunità.
La Cena Monastica si svolge nel refettorio del Monastero, in pietra e legno e tutto è apparecchiato dalle suore con cura ed attenzione. Il menù e le ricette sono quelle antiche del seicento che le monache hanno pazientemente recuperato dalla tradizione rinascimentale.
Il silenzio accompagna tutta la serata, interrotto solamente, come avveniva nel seicento, da musica e riflessioni spirituali. L’obiettivo è di far parlare il cuore di ognuno alla luce della sapienza evengelica.
Chi invece desiderasse visitare il Museo del Silenzio ed il Convento delle Clarisse Eremite, può contattare direttamente la Comunità monastica farense ai seguenti riferimenti:
CONVENTO DELLE CLARISSE EREMITE– Fara Sabina -Telefono: 0765 277021
– Mail : barbara.scuglia@libero.it – Facebook: clarisse eremite fara sabina – Sito: www.clarisseremite.com
Il Monastero delle Clarisse eremite, come tutti i monasteri di stretta clausura, vive della carità dei visitatori sia attraverso gli acquisti dei prodotti realizzati nel monastero, sia attraverso offerte spontanee.
Visto il difficile periodo, chi lo desiderasse può rivolgersi a Madre Barbara, per conoscere le priorità nelle necessità del Monastero, attualmente credo sia il riscaldamento, e fare liberamente un’offerta tramite bonifico:
UNICREDIT BANCA DI ROMA – Filiale 30140 FARA SABINA – PASSO CORESE
Intestato a: Monastero Clarisse Eremite di Fara Sabina
IBAN: IT82T0200873622000400309704
Finalmente arriviamo ad uno dei cuori del Monastero, il Museo del Silenzio.
Il Museo del Silenzio
Il Museo, nato nel 2004, sotto ispirazione di Madre Chiara Annnalisa Farfalla, Abbadessa del Monastero di Fara che desiderava, in questo particolare modo, mantenere viva la memoria delle sue consorelle da qui passate nel corso dei secoli è stato realizzato materialmente grazie all’intervento del Comune di Fara Sabina.
La visita al museo permette un percorso tra gli oggetti del silenzio claustrale come i rosari per i momenti di preghiera, il crocifisso chiodato per i momenti di penitenza, l’ago ed il filo per il cucito, i vasi della spezieria, le pentole per la cucina.
Il modello è quello della vita quotidiana delle claustrali, eremitica e contemplativa. Ci si immerge così totalmente nella vita quotidiana delle monache, scandita dalle preghiere, dalla cucina, dalla farmacia, dalla disciplina e dal silenzio. Si ripercorre la storia attraverso narrazioni, proiezioni ed oggetti legati alla vita delle Sorelle, e scoltando solamente i vari suoni emessi dagli oggetti stessi. Un museo che ti sfida ad ascoltare, se vuoi comprendere ed a lasciare spazio al racconto e non alle tue curiosità o ai tuoi rumorosi pensieri. Come insegna il regista tedesto Philip Groning nel suo film “Il grande silenzio”, dedicato alla vita in un monastero di monaci certosini francesi:
Solo in completo silenzio si comincia ad ascoltare.
Solo quando il linguaggio scompare si comincia a vedere
Usciamo dal Museo sicuramente colpiti e con tante domande, ma le sorprese non sono finite. Ora che abbiamo scoperto l’importanza dell’ascolto, Suor Barbara ci porta a vedere il secondo “cuore” del Convento, una sala dove vengono amorevolmente conservati i corpi incorrotti di 17 monache. I corpi sono rimasti tali dalla fine del 1700, senza alcun intervento umano e appaiono composte come un coro in preghiera, come uno stuolo di anime in viaggio verso il loro Signore. Secondo alcuni studiosi con molta probabilità si tratta della prima comunità monastica delle clarisse eremite che si è qui insediata – per volontà del Cardinale Francesco Barberini – nel 1673.
E’ un incontro che sicuramente colpisce il visitatore e che non abbiamo volutamente fotografato per rispetto del silenzioso messaggio di fede che quei corpi e questa comunità religiosa vogliono testimoniare. I potenziali ed irriducibili amanti dello splatter troveranno comunque su internet varie fotografie, ma noi consigliamo di accettare la sfida del Silenzio e venire a visitare il Museo e questo particolare luogo di persona.
Chi desiderasse visitare il Museo del Silenzio ed il Convento delle Clarisse Eremite, può contattare direttamente la Comunità monastica farense ai seguenti riferimenti:
CONVENTO DELLE CLARISSE EREMITE– Fara Sabina -Telefono: 0765 277021
– Mail : barbara.scuglia@libero.it – Facebook: clarisse eremite fara sabina – Sito: www.clarisseremite.com
Il Monastero delle Clarisse eremite, come tutti i monasteri di stretta clausura, vive della carità dei visitatori sia attraverso gli acquisti dei prodotti realizzati nel monastero, sia attraverso offerte spontanee.
Visto il difficile periodo, chi lo desiderasse può rivolgersi a Madre Barbara, per conoscere le priorità nelle necessità del Monastero, attualmente credo sia il riscaldamento, e fare liberamente un’offerta tramite bonifico:
UNICREDIT BANCA DI ROMA – Filiale 30140 FARA SABINA – PASSO CORESE
Intestato a: Monastero Clarisse Eremite di Fara Sabina
IBAN: IT82T0200873622000400309704
Il Borgo di Fara
Lasciamo il convento con parecchi doni e sfide del silenzio dentro di noi ed attraversiamo, sulla via del ritorno il bellissimo Borgo di Fara.
Le origini dell’attuale abitato sembrano risalire ad epoca longobarda, come indica il toponimo, derivante dal termine longobardo fara che indicava un “clan familiare” a cui veniva data la responsabilità della difesa o della colonizzazione di una particolare zona del territorio..
Il castello, che ospita il Museo del Silenzio ed il monastero risale al periodo intorno all’anno mille. Dal 1400 fu sede dell’Abate Commendatario di Farfa, fino alla famiglia Barberini, con il cardinale Francesco Barberini, nipote di papa Urbano VIII, che, come abbiamo visto, nel 1678 fondò, con sede nell’antico castello, il monastero delle Clarisse Eremite.
Oltre al Museo del Silenzio ed al Monastero a Fara in Sabina merita una visita il Museo Archeologico, ed il centro storico, che conserva angoli pittoreschi. Lo spazio del post non ci permette di descriverli tutti, ma chi volesse approfondire può leggere questa guida specializzata molto ben fatta (clicca qui)
Ma il vero tesoro di Fara in Sabina è soprattutto uno straordinario belvedere, da cui si godono bellissimi i panorami sulla Campagna Romana, il Soratte, la Valle del Tevere e quella del fiume Farfa.
E guardando questo bellissimo panorama ci vengono in mente le parole di Santa Teresa di Calcutta:
Guarda come la natura – gli alberi, i fiori, l’erba – cresce in silenzio;
guarda le stelle, la luna, il sole muoversi in silenzio…
Abbiamo bisogno di silenzio per riuscire a toccare le anime.
Ed in questo ricco silenzio, che parla ed interroga, vi diamo appuntamento al nostro prossimo viaggio.